Il potere dell’immaginazione di plasmare la realtà: il Museo dell’Innocenza di Orhan Pamuk
Immaginate di essere a Istanbul, precisamente a Beyoğlu, ed entrare in una vecchia casa nel quartiere di Çukurcuma, una bella palazzina di tre piani ben restaurata, dalle pareti color rosso scuro, all’angolo fra Çukurcuma Caddesi e Dalgiç Sokak. Ora è un museo, ma una volta, fra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, ci è vissuta la famiglia Keskin: la giovane e bella Füsun con i suoi genitori.
Qui Kemal Basmacı ha trascorso, in quel periodo, gran parte delle sue serate con questa famiglia, per amore di Füsun; e qui egli ha raccolto centinaia di piccoli oggetti, suppellettili, abiti, foto, ritagli di giornale, documenti che ha conservato con cura negli anni, perché contenevano il ricordo di tutti gli attimi più intensi della sua sconvolgente e sfortunata storia d’amore. In questa casa Kemal ha vissuto gli ultimi anni della sua vita (è morto nel 2007) circondato da tutti questi oggetti per averne conforto, ma soprattutto con il desiderio di organizzarli ed esporli come in un museo proprio qui, in questa casa, dove ha sognato di poter raccontare ai visitatori non solo la sua storia, ma anche la vita quotidiana della Istanbul di quegli anni, della Istanbul che più ha amato.
Credo che con questo stato d’animo si debba entrare nel Museo dell’Innocenza, con la piacevole e seducente illusione che tutto ciò che in questo luogo si rappresenta sia accaduto realmente, mentre la parte razionale di noi sa bene che si tratta di una finzione e che il museo è parte integrante di un progetto realizzato dallo scrittore turco Orhan Pamuk, premio Nobel per la Letteratura nel 2006, nell’arco di più di dieci anni. Tappe basilari ne sono state la pubblicazione del romanzo “Il museo dell’innocenza” nel 2008, l’inaugurazione del museo vero e proprio nell’aprile del 2012 e, subito dopo, la stampa del catalogo dal titolo “L’innocenza degli oggetti” che lo scorso novembre è uscito anche nell’edizione italiana della Einaudi.
In pochi mesi, il museo è già divenuto una delle mete turistiche più frequentate della città, con diverse migliaia di visitatori, ma – come stabilito dallo stesso Kemal nei colloqui con Pamuk quando, alla fine del libro, gli chiede di essere lui a realizzare romanzo e museo – l’esposizione non accoglie più di cinquanta ospiti alla volta, e, dunque, è possibile godere con tranquillità della particolare atmosfera creata al suo interno.
L’allestimento, curato nei minimi particolari dallo stesso Pamuk con il supporto di architetti, artigiani ed altri specialisti, valorizza notevolmente i pezzi esposti: salendo le scale che conducono attraverso i tre piani, si segue una linea continua di 83 bacheche in legno (tante quante i capitoli del romanzo, anche se alcune sono ancora chiuse perché non complete), nelle quali gli oggetti (più di 700 tutti citati nel libro) ci appaiono sistemati in vere e proprie composizioni, quasi dei quadri. E tutto – la sapiente scelta delle luci, i suoni e i rumori riprodotti in alcuni punti del museo, il percorso espositivo che, con lo stesso andamento della spirale disegnata sul pavimento del piano terra (in cui si rispecchiano a loro volta lo scorrere del tempo e lo svolgersi della storia narrata) conduce il visitatore fino alla soffitta in cima alla casa e gli permette di affacciarsi per guardare da lì l’intero museo – tutto concorre alla creazione di uno spazio assolutamente speciale e affascinante.
Ritrovare nelle bacheche gli oggetti che hanno costellato la vicenda di Kemal e Füsun significa anche conoscere un pezzetto della recente storia di Istanbul, della vita vissuta nelle sue case fino a non molti anni fa. E, dunque, il Museo dell’Innocenza non è soltanto il luogo in cui viene raccontata e rappresentata la storia d’amore di due giovani (sulla quale non mi soffermo, rinviando alle numerose recensioni ed interviste presenti sulla rete), ma anche, e forse soprattutto, un atto d’amore di Pamuk verso la città in cui è nato ed è sempre vissuto, verso i quartieri della sua infanzia e giovinezza, verso le strade che ha percorso per anni fantasticando di ambientare un suo romanzo in quella vecchia casa per poi trasformarla in un museo.
E a Istanbul un museo dedicato alla città in questi termini è un’assoluta novità.
Se, per tutti questi motivi, l’esposizione può essere godibile in sé, il mio consiglio è comunque di visitarla dopo la lettura del romanzo (fra l’altro, chi porta con sé il libro entra gratuitamente e risparmia le 25 lire del biglietto d’ingresso che qualcuno ha trovato eccessive; l’addetto della biglietteria appone un timbro con il logo del museo sul biglietto disegnato in una delle ultime pagine). Ritengo che la conoscenza del testo – in cui si sviluppano anche temi più ampi quali le consuetudini sociali nella Istanbul dell’epoca, la conservazione degli oggetti nei piccoli musei, e soprattutto l’amore, il senso del tempo, la felicità – sia determinante per comprendere appieno i contenuti del museo ed apprezzare l’originalità dell’intero progetto, in cui la sovrapposizione impalpabile tra finzione e realtà, tra luoghi della storia e vie/quartieri della città, tra protagonista e autore, non possono non conquistare i lettori-visitatori più attenti. E il catalogo completa mirabilmente la descrizione di questa avventura che ha visto crescere di pari passo romanzo e museo, narrandone la genesi e lo sviluppo dalla prima idea scaturita nel 1982 fino ad oggi.
Al museo si arriva facilmente: percorrendo la stretta Postacılar Sokaĝi, che si diparte dalla Istiklal Caddesi verso il Bosforo e prosegue con Tom Tom Captan Sokak (via su cui si affaccia il Consolato Italiano), si arriva a Çukurcuma Caddesi all’altezza dell’omonimo hammam. Da qui si intravede, distante un centinaio di metri, il grazioso edificio ad angolo color rosso scuro, risalente al 1897 e acquistato da Pamuk nel 1999.
In una decina di minuti a piedi, dalla affollata e vivace Istiklal, coi suoi palazzi e i suoi bei negozi, si arriva così nel cuore di Çukurcuma, un tranquillo quartiere in via di evidente riqualificazione, reso affascinante anche dai numerosi negozi di rigattieri e antiquari aperti lungo le strade principali, dove è piacevole curiosare fra vecchi mobili e oggetti dismessi, sin dagli anni ’70, dalle case di una Istanbul proiettata decisamente verso il cambiamento e la modernità. Anche in alcuni di questi negozi Pamuk, novello collezionista, ha acquistato pezzi che avrebbe poi esposto nel museo, oltre a quelli riprodotti da abili artigiani o avuti da amici e conoscenti per il suo ambizioso progetto.
Un motivo di fascino non secondario del Museo dell’Innocenza è poter riferire i personaggi e le situazioni ai luoghi reali della città: non soltanto l’edificio del museo e le strade che lo circondano, ma anche le vie di Nişantaşı, zona elegante a nord di Piazza Taksim dove si svolge buona parte del romanzo, o le vecchie case in legno di Fatih – quartiere a ovest del Corno d’Oro fortemente ancorato alla tradizione islamica – o ancora le yalı lungo il Bosforo.
Del resto, quasi tutti i romanzi di Pamuk sono ambientati nelle vie di Istanbul in cui egli stesso è vissuto e vive, con la differenza che, in questo caso, come si legge sulla copertina dell’edizione italiana del catalogo, “Orhan Pamuk ha fatto ciò che sembrava esclusiva dei maghi delle fiabe o del Genio delle Mille e una notte. Ha preso ciò che esisteva tra le pagine del suo ultimo romanzo, Il Museo dell’innocenza, e l’ha trasformato in qualcosa di materiale, di fisico, uno spazio da esplorare con tutti i nostri sensi: ha costruito il Museo dell’Innocenza. Un luogo unico al mondo, un tesoro nel cuore incantato di Istanbul: la celebrazione dell’amore, della memoria, del potere dell’immaginazione di plasmare la realtà”.
Sul sito internet www.masumiyetmuzesi.com è possibile trovare tutte le informazioni su contenuti, iniziative, orari di apertura e prenotazioni.
Dimenticavo. Nel romanzo Kemal precisa: “Il Museo dell’Innocenza sarà sempre aperto per gli innamorati che non trovano un posto a Istanbul dove baciarsi”. Anche io ho baciato la persona che amo proprio nella soffitta, di fronte al letto degli incontri d’amore fra Kemal e Füsun che lo stesso Kemal ha trasportato lassù perché il museo fosse per sempre la sua casa. Ed è stato bellissimo.
Anna Rita Severini
Grazie. La prossima volta che visitero’ Istanbul sarà la mia prima meta.
Ho visto la mostra a Milano, spero di vedrre il museo a giugno quando tornerò a Istanbul
Be’ sono proprio contenta di non essere l’unica “fan sfegatata” di questa storia e di questo luogo. Io, come speravo, sono tornata a Istanbul, e nel museo, ad aprile, nel giorno del suo primo anniversario: ne ho riportato impressioni diverse e nuove rispetto alla prima volta e, soprattutto, la conferma che chi ha letto il romanzo ha un accesso privilegiato alle emozioni che il museo è in grado di suscitare. Anche la collocazione in quel quartiere mi pare particolarmente suggestiva, con l’auspicio che si continui con la sua riqualificazione senza mutarne l’identità. Consiglio a tutti di farci un salto e faccio i complmenti agli amici di ScoprireIstanbul per l’ultimo articolo sul magazine dedicato proprio agli antiquari di Cukurcuma.
Anna Rita
Ciao Anna Rita,
finalmente sono arrivato ad Istanbul e nel giorno prescelto ho varcato, entrando nel Museo della Innocenza, il limitare del tempo, lasciando fuori ogni retroterra culturale. Sì, quella è sicuramente stata la casa dei Keskin, lì Füsun è vissuta e in quelle stanze Kemal ha coltivato il suo incondizionato amore, sino a quando ha coinvolto Pamuk nel suo sogno senza tempo. Ogni oggetto parla e racconta la sua storia, quella delle persone che ne hanno avuto anche temporaneamente il possesso e degli eventi che le hanno viste partecipi.
È stato emozionante lasciarsi trasportare ed entrare a far parte del racconto : sono sicuro che quegli oggetti, quando il Museo è chiuso, si narrano gli incontri che hanno avuto con le persone che li hanno osservati attraverso i vetri !
Andandomene ho lasciato un arrivederci per Füsun ed una poesia di un poeta turco per lei e Kemal, portandomii via un po’ della “felicità” che Kemal ha voluto profondere nel “suo” museo!
Massimo
sono una ragazza italiana si 40 anni vorrei venire ad Istambul anche tra 10 gg dal momento che potrò usufruire di alcuni gg di ferie. Viaggio da sola e quindi chiederei, oltre alla vostra disponibilità per visite guidate, allogio ecc., se avete un gruppetto di persone anche una o due.. a cui potrei unirmi anche in altri momenti della giornata come le serate per non stare da sola in una città come Istambul.
Attendo risposta grazie da
Isabella
Ciao Anna Rita,
come state tu e Filippo? Ho seguito il tuo consiglio e mi sono recato al museo dell’innocenza il giorno dopo il nostro incontro a Besiktas….veramente bello!
Ti ringrazio per le necessarie precisazioni, Giuseppe. Approfitto per dirti che continuo a leggere con interesse la tua incessante produzione di notizie sul blog. Per me è un appuntamento quasi quotidiano.
Massimo, ti auguro di provare nel museo le belle sensazioni che ti aspetti. Il tuo entusiasmo mi emoziona. Hai ragione riguardo la felicità, ma, comunque,uno scrittore felice non fa in qualche modo anche la felicità dei suoi lettori più fedeli? Se apprezzi Pamuk, ti consiglio anche “Altri colori”, raccolta di saggi e articoli che mi ha molto affascinato. Io, da parte mia, chissà che non riesca ad essere di nuovo a Istanbul col mio Filippo per il primo anniversario del museo, alla fine di aprile (un’ideuzza ci sarebbe …)
Anna Rita
Grazie Anna Rita, ho letto con piacere ed interesse la tua recensione e mi ritrovo in tutto ciò che hai scritto. Debbo aggiungere che il Catalogo mi sembra esso stesso un romanzo che vive di luce propria e nel quale si riflette un po’ della “malinconia” che traspare fra le pagine dei libri di Pamuk. Non vedo l’ora di vedere di persona le teche del museo e la loro luce! Non concordo però con l’Autore quando afferma di aver progettato il museo “per la sua personale felicità”. Una volta che il romanzo è stato dato alle stampe, tutto il suo contenuto diventa anche di proprietà dei lettori e lo stesso autore, entrato in simbiosi psicologica con gli stessi, ne diviene patrimonio inscindibile : Füsun, Kemal/Orhan, Sibel, la città di Istanbul, la felicità, la malinconica tristezza… sono parte di me e tali resteranno. Ecco che il museo deve esistere anche per la felicità mia e degli altri lettori, non può essere diversamente! Mentre seguivo le evoluzioni ed il trascorrere del tempo nel romanzo, mi veniva fatto spesso di pensare ad una piastrella di ceramica di Iznik (che ho trovato qualche anno fa in un mercatino) con un decoro detto “del Corno… Leggi il resto »
Sono felicissima di aver contribuito al tuo coinvolgimento nella dimensione così particolare di questo romanzo-museo che personalmente adoro. Mi permetto di segnalarti una mia recensione sul catalogo che ho pubblicato in novembre sul blog http://www.istanbulavrupa.wordpress.com
Grazie anche a questo articolo ho letto il romanzo di Pamuk, di cui peraltro avevo apprezzato Istanbul, Neve, Il mio nome è Rosso, e sono rimasto affascinato, incantato e coinvolto. Ora sento che Kemal e Füsun mi mancano, ma che saranno mie guide quando in maggio sarò ad Istanbul ed abiterò, anche se per pochi giorni, vicino alla casa di Cukurkuma. Ho subito acquistato anche il catalogo “L’innocenza degli oggetti” che consiglio caldamente a chiunque abbia letto il romanzo.
Non vedo l’ora di provare la magia del museo ed assaporarne l’aura di “felicità” che Kemal vi ha lasciato. Lì, nel giorno del 47esimo anniversario del mio matrimonio, bacerò mia moglie!