Mai come l’edizione di quest’anno (14 settembre-20 ottobre) la Biennale di Istanbul, giunta alla sua tredicesima edizione, assumerà connotazioni legate fortemente all’attualità e ai fenomeni sociali e politici che stanno attraversando la Turchia. Affermare, come ha fatto qualche improvvisato critico dell’ultima ora, che l’arte non è politica, soprattutto qui a Istanbul, e soprattutto dopo l’estate di fuoco seguita alle proteste di Gezi Parkı, significa essere rimasti ai tempi di Luigi XVI.
Come annunciato dalla curatrice Fulya Erdemci l’8 gennaio (in tempi apparentemente non sospetti, anche se la data fa riflettere sul fatto che la società civile già da tempo stesse covando malessere nei confronti del governo per i continui abusi urbani e culturali messi in atto nel Paese), in una conferenza stampa che si è tenuta presso il Campus Maçka dell’Università ITU Istanbul, il titolo della 13a Biennale di Istanbul sarà: “Mamma, io sono un barbaro?” Riferendosi al libro, dal titolo omonimo, del poeta Lale Müldür.
Alla conferenza stampa di inizio anno la curatrice Fulya Erdemci dichiarò che al centro della Biennale sarebbe dovuto essere il concetto di spazio pubblico inteso come forum politico. Questa idea, fortemente contestata dall’autoritarismo governativo, servirà, secondo le parole della curatrice, da matrice per generare idee e sviluppare pratiche che mettano in discussione le forme contemporanee della democrazia, sfidare i modelli attuali della politica economica, ed evidenziare il ruolo dell’arte in questo contesto.
Mettere in discussione lo stesso concetto di “barbaro”, è oggi più che mai attuale, dopo che il Primo Ministro ha usato la parola “çapulcu“ (teppista, vandalo, saccheggiatore) per identificare quella parte del suo popolo colpevole di protestare per la salvaguardia di Gezi Parkı, e dopo la trasformazione della stessa parola da parte dei manifestanti che le hanno donato nuova forza creativa, utilizzandola come sberleffo e presa in giro. L’arte deve essere in grado di dare spazio a nuove soggettività, anche se queste non vanno bene ai poteri dominanti. L’arte deve essere in grado di dare voce a chi non ce l’ha, ai diversi, ai deviati, ai deboli, ai pazzi. La tredicesima Biennale di Istanbul avrà anche questo scopo. Per questo motivo fra gli 88 artisti ospiti della Biennale si è dato maggiore spazio a quelli provenienti da realtà geografiche solitamente meno privilegiate, quali ad esempio il Sud-America, il Nord Africa, il Medio Oriente, ed ovviamente la Turchia con ben 15 artisti.
Come dichiarato sempre dalla curatrice il 9 giugno di quest’anno: “Il movimento di resistenza che ha avuto inizio con lo sradicamento di un albero a Gezi Parkı il 27 maggio, il conseguente attacco brutale della polizia e l’incendio delle tende degli attivisti, si sta evolvendo a livello nazionale. Una grande dimostrazione di solidarietà. Questo movimento giovanile e pacifico, che immagina e vorrebbe realizzare una società diversa, che ha una visione del mondo onesta e aperta, è un movimento che deve essere di esempio per tutti noi. Gli artisti stanno imparando e continueranno a imparare da questa protesta.”
In conformità con il concetto base della Biennale, inizialmente l’idea era quella di utilizzare edifici e spazi pubblici come sedi espositive: tribunali, scuole, strutture militari, uffici postali, stazioni ferroviarie, ex siti industriali, magazzini, cantieri navali, piazze e parchi, ma in seguito ai fatti di giugno si è deciso di cambiare direzione. I curatori infatti non hanno voluto chiedere il permesso per l’utilizzo di spazi pubblici a quelle stesse autorità che hanno soppresso con la violenza manifestazioni di dissenso in difesa di quegli stessi spazi pubblici.
I luoghi che ospiteranno la Biennale saranno dunque solo cinque: Antrepo no.3 a Tophane, la Scuola elementare Greca di Galata, le gallerie ARTER e SALT a Istiklal, la galleria 5533 a Unkapanı. La lista degli 88 artisti partecipanti sarà comunicata solo durante la cerimonia di apertura, per enfatizzare l’integrità dell’esposizione e per non fare in modo che vengano puntati i riflettori solo sugli artisti più celebri.
La Biennale di Istanbul si svolge dal 1987 ed è considerata come una delle biennali più prestigiose al pari di quella di Venezia, Sao Paolo e Sydney, preferisce un modello espositivo che consente un dialogo tra artisti e pubblico attraverso il lavoro degli artisti, invece di un modello nazionale di rappresentanza. E’ organizzata dalla fondazione IKSV ed è sponsorizzata da Koç Holding.
Importante sottolineare che l’ingresso è totalmente gratuito, volendo rimanere fedeli ad una visione di spazio pubblico che consente a tutti la massima accessibilità. Per maggiori informazioni consigliamo di consultare il sito ufficiale.